Non prendetemi per pazzo. Mi piace spesso cambiare i titoli delle canzoni, travisare un testo, trovare assonanze…
I Simple Minds cantavano Sanctify Yourself, traducibile in un molto approssimativo “Santifica te stesso”.
Era il 1985, ed era l’album Once Upon A Time, e credetemi, vi parla un vero fan della prim’ora dei ragazzi di Glasgow, ma quell’album ha segnato la fine delle produzioni cazzute e l’inizio della commercializzazione e della consacrazione a rock star, con tutto quello che ne consegue in termini di qualità prodotta, quindi prendetelo così.
Ebbene travisando e lavorando un po’ con l’immaginazione, nella mia testa Sanctify Yourself diventa “Gentrify Yourself”.
Gentrify suona come uno stimolo, se non un imperativo, partendo da Gentrification, sostantivo che deriva da “gentry”, traducibile con piccola nobiltà inglese, o borghesia, da cui la sociologa inglese Ruth Glass nel 1964 ricavò la terminologia appropriata, almeno secondo lei, per descrivere i cambiamenti fisici e sociali di un quartiere di Londra (Islington?) che sono susseguiti all’insediamento di un nuovo gruppo sociale di classe media. Più precisamente, la signora Glass notò un miglioramento del patrimonio immobiliare, con conseguente ascesa dei prezzi (di affitto o di vendita), nelle zone in cui si trasferiscono in massa, per vari motivi, classi sociali più abbienti e agiate, miglioramento accompagnato da un notevole restauro e recupero di interi quartieri e zone abitative, sia come architettura urbana sia come qualità di vita, aggregativa e culturale.
Questo in estrema sintesi, proprio spiccia, quasi etimologica.
Il fenomeno ovviamente è molto più complesso, e vi rimando alla letteratura disponibile per capirne di più, in termini di date, derive geografiche e significati, e anche per smentirmi di brutto.
In questa letteratura e bibliografia si vedrà anche come la gentrificazione sia spesso legata alle attività di artisti (nel senso latissimo della parola) che si spostano nelle zone più popolari della città per scappare dal costo insostenibile del centro, per poi rendere la zona in cui si insediano più vivaci, più creative, ma si vedrà anche come la gentrificazione sia altrettanto spesso un fenomeno puramente speculativo, messo in moto da soggetti che la sanno lunga. Il risultato è comunque quello di dare una nuova linfa e nuova attrattività, un nuovo e maggiore appeal, se migliore o peggiore lo dicono solo gli anni e le persone che ci vivono, alle zone colpite dal fenomeno.
A seconda della lingua che si conosce, per approfondimenti sul campo chiedere agli abitanti di Williamsburg o Brooklyn (New York), Shoreditch a Londra, Pigalle a Parigi, Kreuzberg a Berlino, Isola a Milano, Testaccio a Roma e San Salvario a Torino: sono solo alcuni esempi, ma vi diranno come stanno le cose.
Tornando a noi: che cavolo c’entrano i Simple Minds, mi direte.
Centrano perchè se Sanctify Yourself era un inno a considerare se stessi come l’unica cosa che conta, l’unica cosa da valorizzare tramite l’amore e la forza interiore (lo so ragazzi, Jim Kerr era l’ombra di se stesso), Gentrify Yourself è il MIO inno, rivolto al quartiere del PIANO SAN LAZZARO
Questo è il mio quartiere, il quartiere dove vivo e lavoro, e dove si trova Zucchero a Velò! Quartiere popoloso e popolare, storico, multietnico, vivace, colorato: questo è il mio inno, il mio invito, rivolto agli abitanti, agli imprenditori, agli uomini, alle donne, ai bambini, agli artisti, ai poeti, ai musicisti… Gentrify Yourself! Valorizzatevi, miglioratevi, fatevi interessanti, tirate fuori tutto il bello, che ce n’è più di quanto pensate!
Ci sono tutte le potenzialità, ce la possiamo fare, ce la faremo!